PREMESSO Da utente, posso dire che ora, entrando nell'atrio, si ha l'impressione di entrare in una bellissima luce lattiginosa, bianca e senza ombre. Cecilia Bernardini, restauratrice romana, suggerisce che probabilmente Giò Ponti progettò per noi matematici una "luce astratta". È una bellissima immagine, che illumina alcuni dati. Per surrogare per quanto mi è possibile questa interpretazione, aggiungo l'informazione che il corpo anteriore dell'edificio, caratterizzato dai vetri smerigliati, e da questa luce, era in origine dedicato alla "Matematica Pura". Dall'atrio spoglio ed essenziale si passa nel corridoio che dà sul vasto cortile interno. Qui i vetri sono trasparenti, la luce diretta: si passa al corpo a ferro di cavallo, originariamente dedicato alla Matematica Applicata. Da matematica, un grazie ad un architetto che ha scelto di comporre la luce per costituire luoghi in cui riconoscerci. Laura Tedeschini Lalli IL PROGETTO DELLA CITTÀ UNIVERSITARIA Nella costruzione si privilegerà la spinta in senso
moderno razionalista e di avanguardia, imponendo però
alcuni limiti: Forme cubiche stereometriche sono organizzate secondo un'aggregazione
aperta e una quasi totale assenza di decorazione. Piacentini, che si è occupato del programma e del piano, condivide con il suo tempo un'idea del governo e del comando che ripropone nella distribuzione degli edifici e, pensando più all'aspetto istituzionale che culturale, situa al centro dell'impianto planimetrico il Rettorato, con accanto le Lettere e la Legge (Filosofia e Retorica) in forma di strumenti più vicini al potere, più a lato la Matematica e la Biologia, scienze astratte che affiancano il governo e la conoscenza, per poi divenire scienze applicate nella Fisica e nella Chimica, che troviamo subito al di là della grande Agorà (Fig. 1). Ma la planimetria può essere interpretata anche come un organismo dal deciso aspetto basilicale, dove potremmo porre il Rettorato al posto dell'altare maggiore, le Lettere e la Legge, là dove sarebbero le sacrestie con il loro deposito di senso, Matematica e Biologia dove sono gli altari del transetto e poi la navata con Fisica e Chimica fino all'ingresso, che volge ad occidente. Fig. 1. La planimetria della Città Universitaria Si era scelto per il progetto della Città Universitaria di coinvolgere alcuni tra i migliori architetti italiani e fu assegnato a ciascuno di essi un compito preciso, così Foschini, Pagano, Ponti, Michelucci, Rapisardi, Capponi, Calza Bini, Fariello, Muratori, Minnucci e Montuori in tre anni danno vita al più grande ateneo d'Italia che avrebbe conservato il nome della Sapienza, l'antica sede realizzata con le architetture di Borromini e Della Porta. LA SCUOLA DI MATEMATICA Fig. 2. La facciata principale della Scuola di Matematica L'edificio della Scuola di Matematica - come dice lo stesso
Piacentini - è situato sull'asse trasversale del foro.
Già ad una prima osservazione della planimetria della
Città Universitaria, così come appare nella prima
stesura progettuale senza le addizioni successive, si notano
differenze sostanziali che caratterizzano l'edificio di Ponti.
Tutti gli edifici, tranne uno: la Scuola di Matematica. L'architetto Ponti decide forse di ritrovare la matrice di tutta la Città Universitaria e nel suo edificio propone, in senso inverso, una liberazione dell'alzato rispetto alla pianta; questo gli darà la possibilità di creare analogie con un'architettura determinata da caratteri storici consolidati. Egli, unico progettista in tutta la Città Universitaria, utilizza per le aperture anche forme triangolari e circolari, là dove altri accettano l'imposizione di non forzare il progetto in senso razionale. Così risulta che mentre in pianta (Fig. 3) Ponti utilizza una forma classica - contrariamente agli altri ma in linea con il disegno del campus - in alzato non rinuncia ad alcune innovazioni, che provengono dalla sua attitudine naturale e dalla pratica del design, lui che forse è il meno assetato di modernità. Fig. 3. La pianta della Scuola di Matematica In particolare per i materiali: egli come altri progettisti,
usa il travertino per le superfici esterne, utilizzando però
le lastre in modo da non sfalsarle, evitando di banalizzare il
paramento murario. Egli non vuole scimmiottare la giustapposizione
di blocchi a secco, creando un'architettura tronfia: è
ben conscio di usare delle lastre sottili e intende far percepire
immediatamente lo spessore della superficie esterna. Questa operazione,
da sola, svuota l'edificio di una potente aggettivazione retorica:
le lastre sono infatti montate secondo una griglia quadrilatera
con i fili dei tagli orizzontali e verticali, conferendo così
all'edificio un aspetto più "pulito" e leggero. Ponti dà una risposta e traccia l'impronta del teatro greco (Fig. 4): esso è l'unica forma che segue i principi dell'acustica, e l'unica esistente già in natura; la costruzione del teatro infatti, alla scala congrua con il suo uso, si sviluppa come creazione artificiale sulla base dell'efficacia delle cavee naturali nella propagazione del suono, sperimentata in epoche ben più antiche. Fig. 4. Il teatro greco La natura ed il propagarsi dei suoni rispondono dunque a precise regole matematiche, ma anche l'ottica che trascina con sé la prospettiva, di cui il teatro si avvale. Ma Ponti non interpreta la forma del teatro come metafora, non pensa di dare memoria della disciplina come avrebbe fatto un colto umanista: egli usa per il suo edificio lo strumento della misura. L'impianto è composto di due elementi architettonici, uno è di forma rettangolare, l'altro a ferro di cavallo, con la cavea che si protende verso la scena anziché richiudersi in se stessa, come avviene per lo più nella forma classica del teatro greco. Appare peraltro evidente, in questa disposizione, il richiamo al disegno di un particolare tipo di teatro, come quello di Eretria, che Ponti evidentemente ritiene più adeguato alle finalità della sua costruzione. Il secondo edificio dunque, quello a ferro di cavallo, presenta delle complessità che servono all'autore per ricollegarsi, in maniera più autonoma ma anche più incisiva e significativa, al disegno dell'intero campus. Nella disposizione degli spazi della Scuola, trova posto nel primo edificio a pianta rettangolare l'intera struttura direzionale della Scuola e la biblioteca (Fig. 5). Fig. 5. La biblioteca Nell'altro edificio curvo si trovano invece le aule; e tutte le funzioni qui mostrano le proprie tracce nel volume esterno: un solido decostruito e frammentato in cui sono messe in evidenza lungo i due bracci le aule allora usate per il disegno (Figg. 6 e 7), i corpi scala automaticamente posti in luogo dei "vomitoria", ed infine il corpo delle aule a gradoni, definito "torre" da Piacentini, che rifiuta una teoria in cui la pianta di un teatro possa dar luogo ad una frammentazione per volumi semplici e disadorni. Fig. 6. Un'aula della Scuola di Matematica Fig. 7. L'aula del disegno della Scuola di Matematica Il corpo delle aule, solido e curvo con rade bucature nella parete esterna, diviene l'immensa abside del transetto del campus. Tutti gli elementi si ritrovano, la scena, il proscenio, l'orchestra e la cavea, ma in questo teatro non c'è rappresentazione: una immersione nell'atmosfera deserta e metafisica che l'architetto ritrova nella pittura del suo tempo. "Grazie ai numeri tutto diventa bello" (Pitagora); "La misura si manifesta soprattutto nella duplice veste dell'armonia sonora e della simmetria visibile" (Bodei): se la concezione della bellezza richiama alle idee di misura e di ordine, insieme alla sensazione del già noto, cosa può contenere in sé tutte queste qualità se non il "rapporto aureo", di cui le forme della natura sono pervase? Il corpo cui appartiene la facciata principale dell'edificio della Scuola di Matematica è l'elemento con cui la costruzione si rapporta con la grande piazza della Città Universitaria. Le sue dimensioni - larghezza. altezza, profondità - tendono al rapporto aureo e ne fanno il monolite in cui Ponti deposita il senso vero della sua scelta estetica e culturale. Cosa dire, poi, della voluta terminale del corrimano delle scale, non è forse una spirale logaritmica? (Fig. 8) Fig. 8. Il corrimano delle scale ABOUT THE AUTHOR
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