University of Rome La Sapienza Dipartimento di Matematica Piazzale A.Moro, 00185 Rome ITALY
PREMESSO
E' naturale quindi che noi studenti siamo stati formati con queste idee in testa. Diventati matematici e dovendo insegnare a nostra volta ci siamo trovati davanti ad una situazione che era di molto mutata, almeno in Italia. Prima di tutto dopo un aumento negli anni sessanta e settanta degli studenti universitari, anche di quelli di matematica, i numeri si sono venuti assestando ed in particolare il numero degli studenti di matematica si è via via ridotto. Questo ha comportato che i nuovi posti di insegnamento di materie di matematica si ottenevano sempre più spesso in corsi e facoltà non di matematica, caso tipico Architettura dove vi è stato un enorme e irrazionale aumento del numero degli studenti e degli insegnamenti negli anni ottanta e novanta. Fenomeno che è continuato, almeno per quanto riguarda il numero di insegnamenti, con il passaggio al sistema del 3 + 2, tre anni per la laurea breve più due per quella specialistica. Inoltre negli ultimi anni è cambiato l'atteggiamento dei matematici nei riguardi della cosiddetta "matematica applicata". Ai giorni nostri si può tranquillamente affermare che non ci sono più pregiudizi per i rapporti tra matematici "puri" ed "applicati". Pur tuttavia ancora nel 2004 alcuni matematici reputano una sorta di "punizione" andare ad insegnare in un corso di matematica nella facoltà di architettura. Questo atteggiamento è motivato da almeno due cause: il poco spazio che hanno i corsi di matematica per architettura, nel senso che si tende sempre di più a ridurre il numero delle ore di insegnamento ed a ridurre drasticamente gli argomenti trattati. Credo che l'ideale di un corso di matematica per architettura sia, per la maggior parte degli architetti, un corso di "ricette", come Robert Musil diceva essere la opinione degli ingegneri della matematica ne "L'uomo senza qualità". Ricette da applicare senza porsi alcun perché. Il corollario ovvio di questa idea è che sarebbe molto meglio che gli architetti stessi tenessero questi corsi-ricetta senza scomodare dei matematici ad insegnare a fare qualche derivata e qualche integrale. E' pur vero che i corsi di matematica servono per i corsi tecnici di architettura, ma è anche vero che l'atteggiamento della maggior parte degli studenti e dei docenti di architettura è che in fondo sono poi gli ingegneri che devono saper fare i conti strutturali. E' certo molto difficile collaborare con gli altri docenti dei corsi non matematici di architettura dato che nella maggioranza dei casi ignorano (e desiderano ignorare) che cosa si fa e si potrebbe fare in un corso di matematica. Ricordo ancora il primo anno che ho iniziato a insegnare ad architettura all'università di Roma "La Sapienza" nel 1996. Nel presentare i corsi il preside della facoltà fece un elogio dell'architetto come creativo ed artista descrivendo i corsi come una sorta di supporto alla capacità dei futuri architetti di osservare, cogliere, sentire, quasi fiutare nell'aria le nuove tendenze dell'arte e dell'architettura. Gli architetti come creativi. Quindi a che serve quell' arida materia che è la matematica? Ho casualmente insegnato per un anno allo IUAV di Venezia nel 1992, prima di trasferirmi all'università di Roma. Dopo aver insegnato per qualche anno mi sono posto il problema, anche per la "noia" di fare lezioni sempre allo stesso modo, di cambiare radicalmente le cose. Ho lasciato il corso di laurea in architettura e sono passato a quello di disegno industriale. Sperando in una maggior fantasia. In ogni caso ho ritenuto che la cosa migliore che potessi fare era non di scrivere l'ennesimo libro di lezioni ed esercizi di analisi matematica e geometria analitica (ovviamente il grande vantaggio di scrivere libri di questo genere sta nel fatto che centinaia di studenti sono "obbligati" a comprarli, con ovvia soddisfazione per chi li ha scritti) ma di cercare di far comprendere come la matematica abbia una grande valenza culturale, possa profondamente incidere sul nostro modo di pensare e quindi anche sul modo di progettare degli architetti che magari non se ne rendono nemmeno conto. L'idea nasceva figlia del progetto "Matematica ed arte" nato nel 1976 e poi divenuto nel 1996 il più vasto "Matematica e cultura". [2, 3, 4, 5] Riprendendo quella presentazione dei corsi a cui avevo assistito, l'ambizione era di far capire come tra le tante cose da tener presenti, da osservare, da comprendere, ci doveva essere anche la matematica. Non solo perché nella matematica "è l'essenza dello spirito" ma anche perché la matematica può essere una fonte inesauribile di idee, suggerimenti, non solo di "ricette". Oltre ad essere una strordinaria "scuola di adattamento" a problemi che non sono mai stati affrontati. Non volevo però guardare alla questione in "astratto" (l'astrazione è una delle grandi colpe addossate alla matematica da chi non capisce che anzi questo è il suo grande vantaggio [6]. Volevo quindi partire da un esempio concreto in cui il legame tra la matematica, la cultura, ha profondamente mutato il nostro modo di guardare il mondo intorno a noi, e quindi anche il modo di pensare e di operare degli architetti. Il tema era quello dello spazio, del mutamento dell'idea di spazio, avendo come guida ideale quello straordinario libro che è "Flatland" [7] di E. Abbott. Un libro pubblicato nel 1884 ma molto attuale, se non ci si ferma alla superficie e non si considera il racconto solo una piuttosto scontata critica della società vittoriana. Avendo realizzato un film in animazione su "Flatland" [8], ho avuto la esperienza di dover "progettare" lo spazio di cui parla il libro, i personaggi, la città, l'universo descritto dal protagonista, il Quadrato. Questo è il motivo per il quale il libro che ho scritto su questi temi si chiama "Mathland"[9]. In questo articolo vorrei raccogliere alcuni degli argomenti di cui parla il libro che penso possa essere di interesse per gli architetti, sia studenti che professionisti. Una breve lettura di un'avventura del pensiero dell'uomo nel regno dei rapporti tra matematica e cultura. L'esempio che ho scelto è quello dell'idea di spazio. Di come muta l'idea e la percezione dello spazio che ci circonda sino ad arrivare alle attualissime forme della architettura virtuale. INTRODUZIONE Fig. 1. Anamorphosis Architects, Athens, Greece, "Project for the Museum of the Hellenic Wolrd"(2002) © Anamorphosis architects Progetto in cui grande enfasi era data alla spazialità della costruzione, un grande spazio continuo in trasformazione, con quelle linee curve che si avvolgono a spirale contorcendosi, e al centro, al centro di una grande spirale, la sede espositiva del periodo classico della civiltà greca. Quell'edificio era in qualche senso l'inizio e la fine (temporanea) di un discorso iniziato con la geometria Euclidea migliaia di anni fa. Una geometria che è stata alla base, insieme alla filosofia greca, del formarsi della civiltà occidentale come la conosciamo oggi. Senza dimenticare ovviamente l'influenza di tante altre civiltà, prima tra tutti quella Islamica che ha permesso all'Europa di riscoprire la civiltà Greca dimenticata. Ci sono alcune questioni da indagare per capire almeno in parte come hanno contribuito nel corso dei secoli elementi filosofici, artistici, scientifici, culturali in una parola, alla sintesi di un progetto come quello per la civiltà Ellenica. Una sorta di viaggio all'interno della civiltà occidentale degli ultimi duemila anni e più, privilegiando gli aspetti culturali legati alla geometria, alla matematica, all' architettura. LO SPAZIO È MATEMATICA
Parole di Galileo Galilei scritte ne Il Saggiatore, pubblicato in Roma nel 1623. Senza le strutture matematiche non si può comprendere la natura. La matematica è il linguaggio della natura. Facciamo un salto di molti secoli. Nel 1904 un famoso pittore così scriveva ad Emile Bernard:
Commentava lo storico dell'arte Lionello Venturi che di cilindri, di sfere e di coni non se ne vedono nelle pitture di Cézanne, che di lui si tratta, quindi la frase esprimeva un'ideale aspirazione ad un'organizzazione di forme trascendenti la natura, non altro. Negli stessi anni in cui Cézanne dipingeva, anzi qualche tempo prima, il panorama della geometria era cambiato dagli anni di Galileo. La geometria nel corso della seconda metà del XIX secolo era profondamente mutata. Lobacevskij e Bolyai tra gli anni 1830-1850 costruiscono i primi esempi di geometrie non-euclidee, in cui non era valido il famoso V° postulato di Euclide sulle rette parallele. Non senza dubbi e contrasti, Lobacevskij chiamerà la sua geometria (oggi denominata geometria non-euclidea iperbolica) geometria immaginaria, tanto era in contrasto con il senso comune. La geometria non-euclidea restò ancora per alcuni anni un aspetto marginale della geometria, una sorta di curiosità, fino a che non venne incorporata nella matematica come sua parte integrante attraverso le concezioni generali di G.F.B. Riemann (1826-1866). Nel 1854 Riemann tenne davanti alla Facoltà dell'Università di Gottinga la famosa dissertazione dal titolo Ueber die Hypothesen welche der Geometrie zur Grunde liegen (Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria), che verrà pubblicata solo nel 1867. Nella sua presentazione Riemann sosteneva una visione globale della geometria come studio di varietà di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di spazio. Secondo la concezione di Riemann la geometria non doveva neppure necessariamente trattare di punti o di spazio nel senso ordinario, ma d'insiemi di n-ple ordinate. Nel 1872 Felix Klein (1849-1925), divenuto professore ad Erlangen, nel discorso inaugurale, noto con il nome Programma di Erlangen, descriveva la geometria come lo studio delle proprietà delle figure aventi carattere invariante rispetto a un particolare gruppo di trasformazioni. Di conseguenza ogni classificazione dei gruppi di trasformazione diventava una codificazione delle diverse geometrie. Ad esempio, la geometria Euclidea del piano è lo studio delle proprietà delle figure che rimangono invarianti rispetto al gruppo di trasformazioni rigide del piano formato dalle traslazioni e dalle rotazioni. Jules Henri Poincaré affermava che "gli assiomi geometrici non sono né giudizi sintetici a priori, né fatti sperimentali. Sono convenzioni; la nostra scelta, fra tutte le convenzioni possibili, è guidata da fatti sperimentali, ma resta libera e non è limitata dalla necessità di evitare ogni contraddizione. E' così che i postulati possono restare rigorosamente veri, anche se le leggi sperimentali che hanno determinato la loro adozione non sono che approssimative. In altri termini, gli assiomi della geometria non sono che definizioni travestite. Pertanto, che pensare della domanda: E' vera la geometria euclidea? Essa non ha nessun senso. Così come non ha senso domandarsi se il sistema metrico sia vero e siano falsi i vecchi sistemi di misura; o se le coordinate cartesiane siano vere, e false quelle polari. Una geometria non può essere più vera di un'altra; può solo essere più comoda. La geometria euclidea è, e resterà, la più comoda." Si deve sempre a Poincaré la nascita ufficiale di quel settore della matematica che oggi si chiama Topologia con il volume Analysis Sitûs, traduzione latina del nome greco, pubblicato nel 1895: "Per quanto mi riguarda, tutte le diverse ricerche delle quali mi sono occupato mi hanno condotto all'Analysis Sitûs (letteralmente Analisi della posizione)." Poincaré definiva la topologia come la scienza che ci fa conoscere le proprietà qualitative delle figure geometriche non solo nello spazio ordinario ma anche nello spazio a più di tre dimensioni. Se a tutto questo si aggiunge la geometria dei sistemi complessi, la geometria dei frattali, la teoria del caos e tutte le immagini "matematiche" scoperte (o inventate) dai matematici negli ultimi trent'anni utilizzando la computer graphics, si comprende facilmente come la matematica abbia contribuito in modo essenziale a cambiare più volte la nostra idea di spazio, dello spazio in cui viviamo e dell'idea stessa di spazio. Chè la matematica non è mero strumento di ricette di cucina, ma ha contribuito, quando non ha determinato, il modo che abbiamo di concepire lo spazio sulla terra e nell'universo. Manca una consapevolezza della matematica come strumento essenziale della nostra cultura. Il che spiega il grande ritardo nel comprendere e quindi far proprie idee che i matematici hanno chiarito da decenni. In particolare nei riguardi della topologia, la scienza della trasformazioni, la scienza degli invarianti. Si veda ad esempio a New York il progetto di Frank O. Gehry per il nuovo museo Guggenheim di Manhattan (fig. 2). Un progetto ancora più stimolante, ancora più topologico di quello per il Guggenheim di Bilbao. Fig. 2. Frank O. Ghery, "Project for the New Guggenheim Museum in Manhattan", courtesy of © Keith Mendenhall for the Gehry Partners Studio Certo il salto culturale è notevole; costruire utilizzando tecniche e materiali che consentano di realizzare la trasformazione rendendola quasi continua, una sorta di contraddizione tra la costruzione finita e la sua deformazione. E' un segno interessante che si cominci a studiare l'architettura contemporanea utilizzando anche gli strumenti che la matematica, la scienza mette a disposizione. Strumenti culturali oltre che tecnici. Vale la pena sottolineare come la scoperta (o invenzione) delle geometrie non euclidee e delle dimensioni più alte, a partire dalla quarta, siano uno degli esempi più interessanti anche per le profonde ripercussioni che molte delle idee dei matematici avranno sulla cultura umanistica, sull'arte. Come ogni buon viaggio bisogna tracciare un itinerario, itinerario in cui saranno presenti gli elementi che si utilizzano per dare un senso alla parola Spazio. Il primo elemento è senza ombra di dubbio lo spazio che Euclide è venuto delineando, con le definizioni, gli assiomi, le proprietà degli oggetti che di questo spazio devono trovare posto. Spazio che sarà quello della perfezione, lo spazio Platonico. L'uomo come matrice e misura dell'universo, idea che attraversa i secoli. La matematica, la geometria che devono spiegare tutto, anche la forma degli essere viventi: Le curve della natura, titolo di un famoso libro del Novecento di Cook che certo non si immaginava quanto potesse essere vero ritrovare in forme della natura, addirittura di quelle che sono all'origine della vita, alcune curve matematiche. Dal famoso libro di D'Arcy Thompson Crescita e forma del 1914 alla teoria delle catastrofi di René Thom, alla complessità e all'effetto Lorentz ed i sistemi dinamici non lineari. Il secondo elemento è la libertà; la matematica, la geometria sembrano essere il regno della aridità. Chi non si è occupato mai di matematica, chi non ha mai studiato con interesse la matematica a scuola, non riesce a capire la profonda emozione che può suscitare la matematica. Né costoro possono concepire che la matematica sia una attività altamente creativa. Né che sia il regno della libertà dove non solo si inventano (o scoprono) nuovi oggetti, nuove teorie, nuovi campi di attività della ricerca, ma si inventano anche i problemi. Non avendo inoltre il matematico bisogno in molti casi di ingenti risorse finanziarie, si può ben dire che la matematica è il regno della libertà e della fantasia. E certo del rigore. Del corretto ragionare. Il terzo elemento su cui riflettere è come tutte queste idee vengono trasmesse ed assimilate, magari non comprese a fondo e solo orecchiate dai diversi settori della società. Ha scritto l'architetto Alicia Imperiale nel capitolo "Digital technologies and New Surfaces" del libro New Bidimensionalities: "Gli architetti si appropriano liberamente di metodologie specifiche di altre discipline. Ciò può essere attribuito al fatto che ampi cambiamenti culturali si verificano più velocemente in altri contesti che in architettura."[10] Aggiunge che,
Più avanti la Imperiale ricorda che "E' interessante notare che, nell'era dell'informazione, discipline un tempo distinte, sono legate tra loro attraverso un linguaggio universale: il codice binario digitale." Il computer risolve tutti i problemi? Il quarto elemento è il computer, il computer grafico, la macchina logica e geometrica per eccellenza. L'idea realizzata di una macchina intelligente che sia in grado di affrontare problemi diversissimi se siamo in grado di farle comprendere il linguaggio che usiamo. L'idea geniale di un matematico, Alan Turing, [11] portata a termine sotto lo stimolo di una guerra. Una macchina costruita dall'uomo, in cui e' stata inserita una logica anche quella costruita dall'uomo, pensata dall'uomo. Uno strumento molto sofisticato, insostituibile, non solo in architettura. Uno strumento, appunto. Il quinto elemento è il progresso, la parola progresso. Se si considerano le geometrie non euclidee, le nuove dimensioni, la topologia, la esplosione della geometria e della matematica nel ventesimo secolo, si può parlare di progresso? Delle conoscenze senz'altro, ma non nel senso che i nuovi risultati cancellano i precedenti. Usano dire i matematici che "la Matematica è come il maiale, non si butta via nulla, prima o poi anche le cose che sembra più astratte ed anche insensate possono venire utili". Scrive la Imperiale che la topologia è effettivamente parte integrante del sistema della geometria euclidea. Dove quello che è sfuggito a chi ha scritto queste parole è che cosa voglia dire la parola spazio in geometria. Parole, appunto. Dove invece il cambiare geometria serve per affrontare problemi che sono diversi perché è diversa la struttura dello spazio. Lo spazio sono le proprietà, non gli oggetti contenuti. Parole. Il sesto elemento sono le parole. Una delle grandi capacità dell'umanità è di dare un nome alle cose. Molte volte nel "nominare" si usano parole che sono già nell'uso corrente. Questa abitudine crea alle volte dei problemi perché si ha l'impressione sentendo queste parole di capire o perlomeno orecchiare di che cosa si tratti. In matematica è successo spesso negli ultimi anni con parole come frattali, catastrofi, complessità, iperspazio. Parole simboliche, metaforiche. Anche topologia e dimensionalità e serialità fanno oramai parte del linguaggio comune, o almeno degli architetti. Riassumendo, il viaggio si svolge tra parole, computer, assiomi, trasformazioni, parole, libertà. Una parola avrà una grande importanza in questo viaggio nell'idea di spazio: la topologia. Per gli altri aspetti rimando al libro Mathland: dalle superfici piatte alle ipersuperfici. [9] DALLA TOPOLOGIA ALLA ARCHITETTURA VIRTUALE Poincaré definiva la topologia come la scienza che ci fa conoscere le proprietà qualitative delle figure geometriche non solo nello spazio ordinario ma anche nello spazio a più di tre dimensioni. La topologia dunque ha come oggetto lo studio delle proprietà delle figure geometriche che, sottoposte a deformazioni così profonde da perdere tutte le loro proprietà metriche e proiettive, per esempio la forma e le dimensioni, tuttavia restano invariate. Le figure geometriche mantengono cioè le loro proprietà qualitative. Si pensi a figure costruite con materiale deformabile ad arbitrio su cui non siano possibili né lacerazioni né saldature; vi sono proprietà che si conservano quando una figura così costruita viene deformata a piacere. Nel 1858 il matematico ed astronomo tedesco August Ferdinand Moebius (1790-1868] descrisse per la prima volta in un lavoro presentato alla Accademia delle Scienze di Parigi una nuova superficie dello spazio tridimensionale, superficie che oggi è nota con il nome di Nastro di Moebius. Questa nuova superficie ha interessanti proprietà. Una consiste nel fatto che se la si percorre lungo l'asse più lungo con un dito, ci si accorge che la si percorre tutta ritornando esattamente al punto di partenza, senza dover attraversare il bordo della striscia; il nastro di Moebius ha cioè una sola faccia, non due, una esterna ed una interna come per esempio nel caso di una superficie cilindrica. Mentre nel caso della superficie cilindrica, se si percorre con un dito il bordo superiore non si arriverà mai al bordo inferiore, nel caso del nastro di Moebius partendo da un punto qualsiasi del bordo lo si percorre tutto ritornando al punto di partenza, si ha cioè un solo bordo. Tutto questo ha importanti conseguenze dal punto di vista topologico; tra l'altro, la striscia di Moebius è il primo esempio di superficie su cui non è possibile fissare una orientazione, cioè un verso di percorrenza. Scrivono ancora Courant e Robbins:
La parola chiave è intuizione geometrica. Ovviamente i matematici nel corso degli anni hanno provveduto a portare la Topologia nell'ambito della matematica più rigorosa, ma quell'aspetto d'intuizione è rimasto. E proprio questi due aspetti, quello delle deformazioni che pur conservano alcune proprietà della figura geometrica, e quella della intuizione, giocano un ruolo profondo della idea di spazio e di forma che a partire dal secolo XIX arriva sino ai giorni nostri. Alcune delle idee della Topologia saranno intuite dagli artisti e dagli architetti nel corso dei decenni, prima dagli artisti, poi molto più tardi dagli architetti. Val la pena raccontare la storia della scoperta di una forma Topologica da parte di un grande artista del Novecento. Una forma che, quando l'artista la scoprì, esisteva già nel mondo delle idee matematiche. Si tratta del grande artista e architetto del Novecento Max Bill, scomparso nel 1994 (fig. 3). Fig. 3. Max Bill in his Zürich studio (1981) . From the film "The Moebius Band", ©M. Emmer Così scriveva Bill raccontando nell' articolo Come cominciai a fare le superfici a faccia unica in quale occasione scoprì le superfici di Moebius (Bill ha chiamato le sue sculture dalla forma di nastri di Moebius Endless Ribbons, nastri senza fine]:
La cosa interessante da notare è che Bill pensava di aver trovato una forma completamente nuova. Fatto ancora più curioso, l'aveva trovata (inventata?) giocando con una striscia di carta, nello stesso modo in cui Moebius l'aveva scoperta molti anni prima!:
Scriveva Bill:
Si può dire che come nel caso della quarta Dimensione l'oggetto che ha più colpito l'immaginazione è stato l'ipercubo, o cubo a quattro dimensioni, nel caso della Topologia questo ruolo lo ha avuto il nastro di Moebius. Queste forme che hanno tanto interessato Max Bill negli anni trenta non potevano non interessare gli architetti, anche se passeranno alcuni anni; bisogna arrivare alla diffusione della computer graphics che consente di visualizzare gli oggetti matematici di cui si è parlato, che permette cioè di supportare la intuizione che altrimenti, per chi matematico non è, riesce difficile da manipolare. Ecco cosa scrive Alicia Imperiale nel capitolo Topological Surfaces :
Ecco il ruolo che la Topologia, così come lo vede un architetto:
Naturalmente anche alcune parole ed idee nel passare dall'ambito strettamente scientifico a quello artistico e architettonico sono deformate, vista da un'ottica diversa. Ma questo non è affatto un problema né vuole essere una critica. Sono le idee che circolano liberamente ed ognuno le interpreta a suo modo cercando di coglierne, come la topologia, la essenza. E' essenziale in tutto questo il ruolo della computer graphics che permette di inserire quella variabile di deformazione-tempo che sarebbe altrimenti impensabile oltre che irrealizzabile. Continua la Imperiale a proposito del nastro di Moebius:
Fig. 4. Möbius House by © Ben van Berkel (UN Studio/van Berkel & Bos), 1993-1997 La bottiglia di Klein, altra famosa forma topologica, scrive Van Berkel, "può essere tradotta in un sistema di canalizzante che incorpora tutti gli elementi che incontra e li fa precipitare in un nuovo tipo di organizzazione integrale internamente connessa"; da notare che le parole integrale, internamente connessa hanno in matematica un preciso. Ma non è questo un problema perché
Cose analoghe aveva scritto nel 1949 Max Bill a proposito dei legami tra arte, forma e matematica: "Per approccio matematico non si deve intendere ciò che generalmente si chiama arte calcolata. Fino ad ora tutte le manifestazioni artistiche si sono fondate, in minor o maggior misura, su divisioni e strutture geometriche."[13] Anche nell'arte moderna gli artisti si sono serviti di metodi regolatori basati sul calcolo dato che questi elementi, accanto a quelli di carattere più personale ed emozionale, hanno fornito equilibrio ed armonia ad ogni opera plastica. Tali metodi erano però diventati sempre più superficiali, secondo Bill, dato che, a parte l'eccezione della teoria della prospettiva, il repertorio di metodi utilizzati dagli artisti si arrestava all'epoca dell'antico Egitto. Il fatto nuovo avviene agli inizi del XX secolo:"Il punto di partenza per una nuova concezione è dovuto probabilmente a Kandinsky, che nel suo libro "Ueber das Geistige in der Kunst" pose nel 1912 le premesse di un'arte nella quale l'immaginazione dell'artista sarebbe stata sostituita dalla concezione matematica." E' poi Mondrian ad allontanarsi più di ogni altro dalla concezione tradizionale dell'arte. Scriveva Mondrian:
E' opinione di Bill che Mondrian abbia esaurito le ultimi possibilità che restavano alla pittura:
Inoltre queste rappresentazioni matematiche, questi casi limite in cui la matematica si manifesta plasticamente, hanno indiscutibilmente un effetto estetico, aggiunge Bill. Ed ecco la definizione di che cosa deve essere una concezione matematica dell'arte:"La concezione matematica dell'arte non è la matematica nel senso stretto del termine, e si potrebbe anche dire che sarebbe difficile per questo metodo servirsi di ciò che si intende per matematica esatta. E' piuttosto una configurazione di ritmi e relazioni, di leggi che hanno una origine individuale allo stesso modo in cui la matematica ha i suoi elementi innovatori originari nel pensiero dei suoi innovatori ". Per convincere Bill ha la necessità di fornire degli esempi, esempi che siano interessanti dal suo punto di vista di artista, esempi cioè di quelli che chiama i misteri della problematica matematica come "l'ineffabile dello spazio, l'allontanamento o la vicinanza dell'infinito, la sorpresa di uno spazio che incomincia da una parte e termina dall'altra, che è contemporaneamente la stessa, la delimitazione senza limiti esatti, le parallele che si intersecano e l'infinità che ritorna a se stessa." Il nastro di Moebius, ovviamente. Come detto se pur con qualche ritardo gli architetti si sono accorti delle nuove scoperte scientifiche nel campo della Topologia. Ed hanno oltre che iniziato a progettare e costruire iniziato a riflettere. Nel 1999 nella tesi di dottorato "Architettura e Topologia: per una teoria spaziale della architettura" Giuseppa Di Cristina scrive [14]: "La conquista finale dell'architettura è lo spazio: questo viene generato attraverso una sorta di logica posizionale degli elementi, cioè attraverso la disposizione che genera le relazioni spaziali; il valore formale viene così sostituito dal valore spaziale della configurazione: ciò che importa non è tanto l'aspetto della forma esteriore, quanto la sua qualità spaziale. E dunque la geometria topologica, priva di 'misure' e propria delle figure non rigide, non è qualcosa di puramente astratto che sta prima dell'architettura, ma è la traccia lasciata da quella modalità d'azione nella concretizzazione spaziale dell'architettura". E' stato pubblicato nel 2001 un volume sul tema "Architecture and Science". [15] Nella prefazione di Di Cristina "The Topological tendency in Architecture" si chiarisce che,
Ecco cosa intende per Architectural Topology Stephen Perrella, uno degli architetti virtuali più interessanti:
Fig. 5. S. Perrella and R. Carpenter, "The Möbius House Study", © Perrella, Carpenter 1997-1998 Osservazioni in cui confluiscono idee sulla geometria, sulla topologia, sulla computer graphics, sullo spazio-tempo. I nessi culturali nel corso degli anni hanno funzionato: nuove parole, nuovi significati, nuovi legami. OSSERVAZIONI FINALI BIBLIOGRAFIA [1] G.H. Hardy, A Mathematician's Apology, Cambridge University press, New York, 1940. [2] M. Emmer, Mathematics and Art: the Film Series, in C. P.Bruter, ed. Mathematics and Art, Springer (2002), pp. 119-133. [3] M. Emmer, Films:a Communicating Tool for Mathematics, in C. Hege and K. Polthier, eds, Mathematics and Visualization, Springer, Berlino (2003), p. 393-405. [4] M. Emmer, The Mathematics and Culture Project, in J. Wang and B. Xu, eds, Trends and Challenges in Mathematics education, East China Normal University press, 2004, p. 84103. [5] M. Emmer, ed, i volumi della serie Matematica e cultura, Springer; M. Emmer, ed. i volumi della serie The Visual Mind, MIT press. [6] R. Osserman, Poetry of the Universe, Doubleday, New York, 1995. [7] E. A. Abbott, Flatland, Seeley and Co., London, 1884. [8] M. Emmer, Flatland, film and video, 22 mintues, color, Rome, 1994; versions in Italian, French, English. ttp://www.mat.uniroma1.it/people/emmer. [9] M. Emmer, Mathland, from Flatland to Hypersufaces, Birkhauser, Boston (2004). [10] A. Imperiale, New Bidimensionalities, Birkhauser, Boston, (2001). [11] A. Hodges, Storia di un Enigma, Bollati Boringhieri, Torino (1991). [12] R. Courant e H. Robbins, Che cosa è la matematica? Bollati Boringhieri, Torino (1971). [13] M. Bill, A Mathematical Approach to Art, (1949) ristampato con correzioni dell'autore in M. Emmer, The Visual Mind: Art and Mathematics, Boston, MIT Press (1993). [14] G. Di Cristina, Architettura e topologia: per una teoria spaziale dell'architettura, Editrice Librerie dedalo, Roma (1999). [15] G. Di Cristina, a cura di, Architecture and Science, Wiley Academy, Chichester (2001). Sui legami tra matematica e cultura: M. Emmer, a cura di, Matematica e Cultura 2001, Springer verlag Italia, Milano, 2001 M. Emmer, a cura di, Matematica e Cultura 2002, Springer verlag Italia, Milano, 2002 M. Emmer, a cura di, Matematica e Cultura 2003, con Cd musicale, Springer verlag Italia, Milano, 2003; ed. inglese in corso di stampa. M. Emmer, M. Manaresi, a cura di, Matematica, arte, tecnologia, cinema, Springer verlag Italia, Milano, 2002; 150 pagine sono dedicate a cinema fiction e matematica; ed. inglese, aggiornata ai film del 2003, Springer verlag , Berlino (2004). M. Emmer,a cura di, Matematica e cultura 2004, Springer verlag Italia, Milano (2004); ed. inglese in preparazione. M. Emmer, a cura di, Matematica e cultura 2005, Springer verlag Italia, Milano, in preparazione. Sito Web del convegno "Matematica e cultura": http://www.mat.uniroma1.it/venezia2005 (la data cambia in ottobre di ogni anno) M. Kline, Mathematics in Western Culture, Oxford University Press, New York, 1953; ed. it., Feltrinelli, Milano,1976. Sui legami tra matematica ed architettura: Topologia e Morfogenesi, ED La Biennale, Venezia 1978. Ben van Berkel, Mobile Forces / Mobile Kräfte, Ernst & Sohn Verlag, Berlin 1994. John Beckmann (edited by), The Virtual Dimension: Architecture, Representation, and Crash Culture, Princeton Architectural Press, New York 1998. G. Di Cristina, a cura di, Architecture and Science, Wiley Academy, Chichester (2001). Sui legami tra matematica ed arte: M. Emmer, La perfezione visibile, Theoria, Roma (1991). M. Emmer, a cura di, The Visual Mind 2: Art and Mathematics, The MIT Press, Boston, in corso di stampa (2004). M. Emmer, Arte e matematica, 20 video realizzati con artisti di tutto il mondo. ABOUT THE AUTHOR
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